Ciao a tutti, benvenuti al dodicesimo Storie con mio figlio. Questa settimana ho cambiato stile: nel podcast qui sopra potrete ascoltare tutto quello che leggerete qui sotto: può essere rilassante ascoltarlo se siete in giro, al posto di leggere. Vi ricordo anche che Storie con mio figlio è anche su Apple Podcast e da questa settimana anche su Spotify, dateci una bella recensione se volete supportarci!
Il retroscena educativo
Quello che ho provato a fare questa settimana è scrivere una storia e poi leggerla insieme a mio figlio. In questa storia ho cercato di mettere un ricordo molto caro di Creta, che è un’isola in cui sono andato con mia moglie e in cui mi piacerebbe tornare con mio figlio (la foto in alto l’abbiamo scattata là, grazie a Jumy per la foto). È un posto speciale sia perché ci è piaciuta molto come terra, sia perché fa parte della Grecia. A livello educativo io vorrei lentamente e con costanza appassionare mio figlio alla Grecia, perché la trovo una terra magica a livello naturale e storico. Ogni volta che ci vado sento qualcosa di sacro che mi attacca a lei e vorrei viverla insieme alla mia famiglia il più possibile. Un'altra cosa che ho provato a mettere in questa storia è l'aggancio con la Sicilia. Il primo viaggio che abbiamo fatto in Sicilia neanche un anno fa con mio figlio e mia moglie è nato perché mia moglie non c’era mai stata, venendo da Taiwan, e perché volevo dare a mio figlio la scoperta di una terra molto diversa dal nord; la Sicilia è la vera estremità dell'Italia e dunque era come se stabilisse un po' i due luoghi parametri di riferimento nord - sud, che gli avrebbero poi permesso di scoprire bene tutto ciò che c’era in mezzo.
Un altro dei motivi per cui mi affascinava la Sicilia è perché storicamente è legata alla Grecia, la vedevo quindi come un anello di congiunzione perfetto per introdurre la Grecia stessa. A questo poi si sono aggiunte altre attrattive visto che a mio figlio, come penso a tanti bambini, piacciono i vulcani. Vorremmo tornare prossimamente in Sicilia riuscendo a salire sull’Etna o visitando le isole Eolie, di origine vulcanica. Ho voluto provare a raccontargli Creta facendo tappa prima in Sicilia, anche perché, avendola già vissuta, avrebbe dato più concretezza al suo ascolto, creando così un’aspettativa più viva verso Creta.
Mi piace l'idea di creare una storia attorno a a un luogo che poi veramente vedremo. E’ un tema di cui ho già parlato nell’episodio 4 di storie con mio figlio, con la storia “Il leone sull’aereo, dall’Alpe Giumello all’Africa centrale”, dove ho cercato di spiegare come sia importante creare in un bambino una sorta di geografia familiare, emotiva, una geografia dei luoghi desiderati. Nella mia crescita ho spesso percepito la geografia come qualcosa di freddo, secondo me il compito dei genitori è quello di passare la lezione che i luoghi hanno delle connessioni tra loro se sono abitati da persone con cui possiamo condividere delle emozioni. Una coscienza vera, fisica , geografica e corporale di queste distanze o vicinanze, passa attraverso il nostro fare esperienze in quei luoghi , attraverso l’avere relazioni umane in quei luoghi, e il farci ritorno, perché il ritorno accende l’affezione, il senso. E’ per questo motivo che nella storia che ascolterete ho inserito un mio amico che realmente viene da Palermo e che mio figlio ha conosciuto, perché credo che la connessione tra territorio e persone, con una loro storia che ci viene incontro nel quotidiano, è fondamentale per creare domande, desiderio d’avventura e di scoperta, e per cementare il concetto educativo fondamentale che i luoghi valgono se c’è condivisione con altre persone, se c’è affettività.
Questa storia non l'abbiamo improvvisata insieme perché, sin dal decimo episodio “Il mio angelo di Londra: una storia di vita” mi sono reso conto che ci sono delle storie che voglio raccontare a mio figlio che non possono nascere da una pura improvvisazione con lui. Anche se voi vi preparate prima una storia, potete comunque improvvisare un po’ con loro, far nascere domande e lavorare sull’ascolto reciproco.
L’avventura
Per la gitavventura di domenica prossima 6-11 faremo una passeggiata all’Eremo di San Zeno, da cui si vede una vista molto bella della Val d’Intelvi e del lago di Como, verranno con noi anche un mio caro amico di Como e la sua compagna, che mi hanno aiutato a scoprire questi posti, è una camminata in salita facile, di circa 1 ora, mangeremo al sacco, se poi ci avanza tempo c’è anche un paesino molto carino al confine con la svizzera, Erbonne, che era anche un posto famoso per il contrabbando romantico tra la Svizzera e l’Italia. In Val d’Intelvi sono ambientate alcune storie cui teniamo molto, che vi racconterò nel periodo natalizio, andarci prima di persona secondo me è un’esperienza bella. Se volete venire scrivetemi un wazzup o un’email (storieconmiofiglio@gmail.com)
Prima di lasciarvi al racconto audio (in alto, la storia inizia al minuto 10 ) e alla trascrizione della storia (più sotto) volevo ricordarvi che se vi piace questo progetto per me è molto molto importante un vostro aiuto nel condividerlo. So che tanti di voi lo stanno già facendo, grazie davvero e continuate a farlo se nel tempo vi viene in mente qualcun altro! Il passaparola è veramente importante, perché è un progetto particolare che non c' è ancora, non è scontato conoscerlo e quindi un consiglio può valere tanto.
Se non siete ancora iscritti alla newsletter e volete cominciare a riceverla, potete farlo qui sotto. Buon ascolto, buona lettura e a lunedì prossimo.
Ritorno a Creta
di Francesco Lovati
Un giorno un bambino partì con la mamma e il papà per la Sicilia, un'isola sospesa nel mar Mediterraneo, a sud di Milano. Neen, fece la nave al porto di Savona quando partì: neen neen. C'era un vento forte. Le persone erano tutte appoggiate sul bordo della nave, per guardare l’Italia dal mare: ecco la Liguria, ecco laggiù le coste della Toscana, guarda, alcune isole montuose là davanti, “Guarda là”,
“Si, quella è la Sardegna cucciolo mio”,
“E’ la Corsica”, disse un signore con la barba, “Ah già, prima c'è la Corsica, poi c'è la Sardegna”.
“E la Sicilia dov'è?”, chiese il bambino. “La Sicilia è molto più in giù, giù giù, prima dell’Africa. Ma noi questa volta facciamo i furbettini”
“Perché papà?”, chiese il bambino.
“Questa volta andiamo in Grecia”. Infatti, arrivati al porto di Palermo, c'era un loro amico che li aspettava, Marco si chiamava. Scesero a mangiare un po' di pesce fritto, qualche crocchetta di patate e risalirono sulla barca di Marco: il legno della barca era colorato di rosso e di bianco. “Marco, come stai?” Dopo essersi salutati, Marco, il bambino, la mamma e il papà partirono.
”Dove andiamo?”, chiese il bambino.
“Passiamo vicino alle Eolie, dove ci sono i vulcani”.
“Il Vesuvio?”, chiese il bambino.
“No, quello è più lontano, vicino a Napoli. I Vulcani delle Eolie sono delle isole, delle isole che in realtà sono delle montagne, dei vulcani”, rispose Marco.
“Ho un po' paura”, fece il bambino. Allora si mise sopra le spalle del papà, per guardare lontano e fare le coccoline coi capelli del papà . La mamma intanto stava facendo un video, con le onde, il mare che brillava negli occhi, i vulcani col fumo che già si vedevano.
Girando girando intorno alla Sicilia, arrivarono in un punto in cui si vedeva solo mare, solo le onde, i gabbiani, il vento.
“Dove andiamo papà?”, chiese il bambino. Il papà tirò fuori una mappa. “In Grecia”, rispose, e toccò sulla mappa un gruppo di isole sparse nel mare: erano come dei sassolini, le isole sulla mappa. “Andiamo qua”, disse il papà schiacciando il dito su un’isola grande disegnata sulla mappa. “Creta”, disse la mamma. “E’ un’isola grande che dorme in mezzo a questo mare, laggiù, lontano lontano”.
“Ho paura”, disse il bambino.
“Di cosa?”.
“Del mare”.
"Non devi aver paura, nel mare ci vivono i pesci”, rispose Marco.
“Come fanno i pesci a respirare?”, chiese il bambino.
“Prendono l’acqua dalla bocca. Nell’acqua c'è l’ossigeno, che è un gas. L’acqua entra nel loro corpo e poi esce dalle branchie, che sono dei buchini che hanno sui lati del corpo, dietro la testa. Prima di ributtare fuori l'acqua da questi buchini, fanno i furbettini, e con le branchie prendono l’ossigeno che c'è dentro l’acqua, e respirano”.
“Come fanno?”, chiese ancora il bambino. “Quando la bocca fa entrare l’acqua, le branchie sono chiuse. Quando la bocca si chiude, le branchie succhiano l’ossigeno che c'è nell’acqua che hanno bevuto, mandano l’ossigeno nelle vene che ci sono nelle branchie, poi le branchie si aprono per buttare fuori l’acqua a cui hanno già tolto l’ossigeno”.
“La Grecia!”, urlò il papà. “Creta”, aggiunse la mamma “Finalmente siamo tornati”.
Il sole stava illuminando tutto il mare, la luce era così forte che al bambino venne sonno.
Quando si risvegliò, erano sulla riva di una spiaggia circolare. Il bambino alzandosi aveva i piedi dentro la terra bagnata. Sulla spiaggia, la mamma, il papà e Marco stavano mangiando del pesce, vicino ad un fuoco fatto con la legna. C’era una macchinina bloccata dentro la sabbia. Il bambino la prese. Mentre la toglieva dalla sabbia, si accorse che sotto c’erano altre macchinine, tante.
“Hai fame?”, disse la mamma. “Si”, rispose il bambino, correndo verso il fuoco. Marco mise nel piatto un bel pesce fumante, la mamma lo diede in mano al bambino.
“Attento che scotta”, disse Marco.
“Lo sa, lo sa”, disse il papà. Il bambino si sedette sulle gambe della mamma, che gli fece assaggiare un’arancia piena di succo. Mamma mia! Mordendo l’arancia gli schizzi andarono negli occhi del bimbo.
“Miaaao. Miaaao. Miaaao”. La testa di un gattino spuntò fuori dalla barca rossa e bianca. Il gattino corse verso il piatto di pesce del bambino e lo annusò. Puuf: tutta la sabbia finì sul pesce, il gattino scappò e il bambino si mise a piangere. “Dai dai”, disse Marco, “è ora di partire”.
“Dove andiamo?”, fece il bambino.
“Andiamo nella valle della salvia”.
“Cos’è?”, chiese il bambino.
“E’ una valle molto profumata e buona. Saliamo sulla barca”, disse Marco, e saltò su, tirò su la vela e subito la barca cominciò a galleggiare un po’ nell’aria. Il bambino aveva paura ma voleva provare a salire sulla barca che volava. Il papà lo prese in spalla e salì sulla barca, la mamma pure.
“Si parte”, disse Marco, “Miaaao”, fece il gattino, nascosto sul fondo: stava leccando la testa di un pesce. Il vento si alzò forte: ffffff, ffffff,ffffff, la barca era così in alto che si vedeva tutto il golfo, le spiagge, le alte rocce che circondavano tutto quel pezzo di mare. Girando la vela, la barca si piegò e girò in una valle un po’ stretta, profonda, con le rocce tutte rotte, come tanti coltelli. “Attenzione”, disse Marco, “si scende”. Mamma come andavano veloci! Il vento gli spazzava tutti i capelli indietro, sembravano la cresta di un triceratopo. Boom boom boom boom: erano atterrati contro una roccia, tutti per terra erano finiti. Il gattino strofinava con la coda la faccia del bambino. “Miaaao miaaao miaaao”.
Un profumo fortissimo entrò nella narici di tutti: era la salvia. Il gattino si mise a correre per le rocce, boing , boing, faceva dei salti, annusava e scendeva giù per delle pietre scivolose. “Ahhhh!”, gridò il bambino, e si mise a correre dietro il gatto. La mamma aveva già cominciato a raccogliere la salvia, c’erano anche delle piante di the, stava raccogliendo anche quelle.
Passarono buona parte della mattinata a raccogliere the e salvia.
“Cos’è la salvia?”, chiese il bambino.
“E’ questa pianta profumata, si usa per profumare la carne o altri piatti”, disse il papà.
“Cosa facciamo ora?”
“Perchè non andiamo dove ci sono i frutti?”, disse la mamma.
“Dove?” chiese Marco.
“Un po’ di anni fa siamo venuti qui a Creta e abbiamo scoperto un posto pieno d’uva, di limoni, di fichi, di arance, di mandorle, mamma che buono che è là!”. Il papà era già risalito sulla barca rossa e bianca, la vela sventolava, Marco corse su, la mamma fece salire il bambino, il gattino, ed erano in volo.
Mentre atterravano di nuovo, il bambino, spiando dal bordo della barca, vide delle case in pietra, tanti alberi da frutto, gialli, arancioni, uva viola scuro.
“Ho fame!”, gridò, e boom boom boom, atterrarono proprio sotto un pergolato con uva dappertutto.
“Benvenuti, o meglio: bentornati!” Disse una signora col grembiule.
“Ho fame”, gridò ancora il bambino e corse a mangiare un po’ d’uva caduta per terra. Era dolce dolce.
“Dove siamo?”, chiese ancora il bambino.
“Siamo nella casa di pietra. E’ un posto dove siamo venuti io e papà un po’ di anni fa. Qui c’è tutto, tutta la frutta buona, e stasera mangeremo lassù”, e la mamma indicò una grande tettoia, con sotto dei tavolini e delle sedie. “Da là si vede la spiaggia in cui eravamo stamattina. Dormiremo qua, poi domani inizieremo a scoprire Creta.
“Con la barcaereo?”, chiese il bambino.
“No”, disse Marco, “Io devo tornare in Sicilia”. “Voglio la barcaereo”, disse il bambino.
“La signora della casa di pietra ci presterà la sua jeep”, disse il papà, “ma prima dovremo andare a dormire”.
“Non sono stanco”, disse il bambino.
“Ma i tuoi occhi dicono che sono stanchi, e anch’io lo sono, voglio proprio sdraiarmi qui sotto, sotto l’uva. Vieni che ti racconto una storia?”.
Mentre il bambino si sdraiava sopra il papà sulla sdraio, la mamma aveva già preso un bastone di legno e stava scendendo per un sentiero, alla scoperta della terra colorata e profumosa.
Marco intanto stava partendo. “Quando ci rivediamo?”, chiese il papà.
“Mi piacerebbe venire uno dei prossimi giorni qui a Creta, con i miei cucciolini. Devo sentire mia moglie. Ti faccio sapere”, e intanto la barca si stava allontanando lentamente e poi più veloce per il cielo, mentre il bambino appoggiava il cuore sul petto del papà. La sua testolina faceva su e giù, su e giù. La mamma intanto, mentre scendeva giù per il sentiero, circondata da alberi da frutto, odori, colori, pensava che Creta proprio le piaceva, era semplice, vicina al suo cuore.
FINE
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